venerdì 28 aprile 2017

Narrazioni alternative su Islam, migrazioni e terrorismi


Manifestazione pubblica finale del corso didattico "Islam: radici, fondamenti e radicalizzazioni violente. La parole ele immagini per dirlo". Gli studenti delle scuole e le associazioni partner del progetto presenteranno i risultati dell'attività svolta nel corso dell'anno scolastico: i loro video messaggi su Islam, migrazioni e terrorismi.

11 MAGGIO 2017 ore 14,30
Aula magna dell'Istituto Avogadro di Torino 


COMUNICATO STAMPA




Nel dibattito pubblico che intreccia i temi del terrorismo, delle migrazioni e dell’Islam, occorre fare molta chiarezza per avere piena consapevolezza delle vere sfide che il nostro paese e l'Europa hanno di fronte negli anni a venire. Se infatti informazione e media amplificano conflitti, terrore e paure, presentando i fatti in modo spesso ideologizzato, semplicistico e stereotipato, a noi resta solo la possibilità di usare l’arma ragionevole della conoscenza: soprattutto verso chi si sta formando, cioè i giovani.

Questo il senso del percorso didattico “Islam, radici, fondamenti e radicalizzazione violente” che, giunto alla seconda edizione, anche quest’anno scolastico ha investito una dozzina di classi delle scuole dell’area metropolitana torinese. Gli oltre 300 studenti e i loro insegnanti si sono confrontati con esperti, Imam, migranti e vittime del terrorismo per affrontare i temi più aspri dell’attualità.

I risultati finali, compresi i video-messaggi realizzati dagli studenti stessi, saranno presentati giovedì 11 maggio dalle ore 14,30, nell’aula magna dell’Istituto Avogadro a Torino in via Rossini 11, nell’evento “Narrazioni alternative su Islam, migrazioni e terrorismi” che vedrà la partecipazione dei Presidenti del Consiglio Regionale e Comunale e sarà moderato dal giornalista Luca Rolandi.

Il progetto è stato promosso dall’Associazione Leon Battista Alberti in collaborazione con la Comunità Religiosa Islamica (COREIS), l’ASAI e il CE.SE.DI ed il supporto della Compagnia di San Paolo. 

mercoledì 26 aprile 2017

Foreign fighters italiani e le matrici dell'estremismo violento

Gli ultimi giorni forniscono utili informazione sulla situazione torinese dei foreign fighters: quelli 'buoni' e quelli 'cattivi', ma le loro storie dovrebbero indurci a qualche riflessione sulla proposta di legge Dambruoso/Manciulli in discussione in parlamento: il rischio non è solo la radicalizzazione jihadista.




Da La Stampa apprendiamo che sul fronte siri-iracheno, da Torino, potrebbero essere partiti almeno una quindicina di miliziani pro-Isis, a cui si aggiungono quelli fermati ed espulsi come Mouner El Aoual, 29 anni, arrestato a Torino, pochi giorni fa.
Sullo stesso fronte ci sono però anche altri torinesi nel Battaglione Ait, acronimo di Antifascista Internazionalista Tabùr, che combattono con i guerriglieri curdi del Rojava che si ispirano al Pkk, la formazione irredentista che ha i suoi presidi nel Kurdistan turco al confine con la Siria. I combattenti, entrati da tempo in territorio siriano, stanno liberando la città di Raqqa ancora in mano all’Emiro del Daesh. Fanno parte dell'area anarchica Torinese e Valsusina, con legami ai centri sociali e al movimento No Tav.

"I cittadini italiani che hanno scelto di arruolarsi nelle milizie o negli eserciti regolari che combattono sui fronti più lontani, commettono un reato? Vengono perseguiti dalle procure?", si chiede il giornalista de La Stampa, Massimo Numa.
«Non esattamente. È evidente che le strutture di polizia e carabinieri e anche i servizi di Intelligence monitorano attentamente questo fenomeno in crescita da qualche tempo - spiega un investigatore - sappiamo i nomi, più o meno, perché sono dati che variano spesso, di chi combatte e con quali formazioni. Ma non viene contestato loro alcun tipo di reato. A meno che, tanto per fare un esempio, al ritorno in Italia non venissero sorpresi in possesso di armi o di documenti falsi. Per essere chiari: un cittadino italiano può arruolarsi nella Legione Straniera in Francia ed è perfettamente legale. Idem se lo fa in Ucraina o nel Rojava.
Le attività militari si svolgono fuori dalla giurisdizione italiana e dunque possono fare come vogliono, mettendo a rischio la propria e l’altrui vita».

In effetti il decreto legge del 18 febbraio 2015, n. 7, Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, introduce, oltre la pena da cinque a otto anni di reclusione per chi compia arruolamento a finalità di terrorismo,  anche la nuovissima fattispecie di reato contro il fenomeno dei foreign fighters, introdotta nel Codice penale col nome di “organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo”, che colpisce cioè chi organizza, finanzia e propaganda viaggi che servano per compiere atti terroristici.

E' così evidente che sono le forze dell'ordine e l'intelligence a distinguere tra "foreign fighters" regolari, che partono e si arruolano con milizie ed eserciti riconosciuti, e quelli irregolari, ciò che vanno a combattere con organizzazioni terroristiche.
Un terreno comunque sottile e delicato: il diritto internazionale non ha un definizione comune di terrorismo e la storia ha mostrato più volte che quelli che in una circostanza erano considerati eroi dagli Occidentali, nel giro di qualche anno sono diventati pericolosi terroristi, come i Mujaheddin afghani ai tempi dell'invasione sovietica e poi trasformatisi in al-Qa'ida.
Osama bin Laden praised in the Independent, 1993 (license: Creative Commons)


Abbiamo poi i returnees, cioè i combattenti che rientrano  dagli scenari bellici siriano e iracheno: in Italia sono pochissimi, meno di due decine, ma non si può non evidenziare il paradosso che mentre per il rientro dei foreign fighters irregolari, cioè che tornano dalle file dell'ISIS, abbiamo strumenti repressivi come il suddetto decreto e o i discutibili procedimenti di espulsioni; per quelli regolari che hanno combattuto con i curdi, ma che al pari dei primi hanno imparato a maneggiare armi ed esplosivi, non ci sono giustamente reati imputabili, ma neppure misure di de-radicalizzazione.

Quando oggi leggiamo che "In Val Susa, nel comune di Exilles, hanno trovato casa ex combattenti delle milizie Pkk" portati lì da italiani che hanno combattuto nello stesso scenario siriano, è utile tornare a quanto scrissi nel 2014 a proposito del processo ad esponenti No TAV accusati di terrorismo. Un'accusa giustamente caduta in fase processuale, ma che evidenzia la necessità di misure di prevenzione e contrasto della radicalizzazione che affianchino quelle tradizionali dell'antiterrorismo. Sono politiche e programmi che stanno funzionando in molti paesi del mondo a patto di ritagliarle sulle necessità e i rischi reali dei vari territori, prima che i reati vengano commessi e legge e forze di sicurezza debbano intervenire.
E' quindi benvenuta la legge in discussione in Parlamento per introdurre nel nostro paese misure di prevenzione della radicalizzazione violenta (di cui potete leggere qui il testo con gli ultimi emendamenti approvati), ma il caso torinese della Valsusa evidenzia quanto sia insensato indirizzarla solo alla matrice jihadista.
I rischi e i contesti sono molteplici: c'è il mainstream internazionale  jihadista, certo, ma galassia anarchica, a sinistra, e islamofobia, a destra, potrebbero riservare brutte sorprese in Italia.





domenica 23 aprile 2017

Radio anch'io puntata del 21/04/2017: l'attacco a Parigi


Ne abbiamo parlato con:

Jean Pierre Darnis
, docente dell'Università  di Nizza e analista politico IAI
Francesco Strazzari, Prof. Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa
Giuseppe Bettoni, geografo Università Tor Vergata
Luca Guglielminetti, esperto di Terrorismo RAN
Giampaolo Accardo, direttore del sito Vox Europe

sabato 15 aprile 2017

Islam, Muslim fundamentalism, Islamism and jihadism. A terminological clarification.

A synthetic terminological clarification, by the founder of the British think tank Quillian Foundation, that we can apply also in its Italian translation and to which I would add the misuse of the term "radical" in the Anglo-Saxon press for radicalized individuals. Let 'radicals' indicate positive figures like Mandela, Malcolm X, Gandi... please!


venerdì 7 aprile 2017

Presentazione del convegno regionale sulla prevenzione della radicalizzazione



Comunicati della Giunta Regionale

06 Aprile 2017 16:11
IMMIGRAZIONE

VERSO UN APPROCCIO REGIONALE ALLA PREVENZIONE DELLA RADICALIZZAZIONE

Torino, 6 aprile 2017 




Lunedì 10 aprile alle ore 14.15 presso la sede della Regione Piemonte in corso Regina Margherita 174 a Torino si terrà un convegno dal tema "Verso un approccio regionale alla prevenzione della radicalizzazione", un evento organizzata dalla Regione Piemonte in collaborazione con Viviana Premazzi (Università di Torino e FIERI) e Luca Guglielminetti (Radicalization Awareness Network e Associazione Leon Battista Alberti).
«Sarà un momento durante il quale vogliamo porre al centro del dibattito il tema della prevenzione contro qualsiasi forma di radicalizzazione. Per contrastare l'estremismo violento, che sia islamico, di estrema destra o anarco-insurrezionalista, si deve sensibilizzare, contrastare le narrazioni estremiste proponendo contronarrazioni e incentivare l'attivismo delle comunità locali che sono in grado di spezzare i processi di radicalizzazione» - ha dichiarato Monica Cerutti, assessora all'Immigrazione della Regione Piemonte.
Durante il convegno verranno presentate le attività della rete RAN (Radicalization Awareness Netwrok) costituita nel 2011 dalla Commissione Europea con la finalità di promuovere azioni di prevenzione e contrasto al fenomeno della radicalizzazione violenta. Al centro dei lavori il coinvolgimento di operatori attivi nei territori locali. Il convegno di lunedì 10 aprile sarà anche l'occasione per discutere della proposta di legge Dambruoso-Manciulli in discussione in Parlamento, un testo, attualmente in discussione in Parlamento, che mette al centro la collaborazione tra soggetti nazionali, regionali e locali, assegnando un ruolo importante alle politiche territoriali di prevenzione.
Il convegno sarà l’occasione per fare il punto sulla situazione in Europa, in Italia e in Piemonte, ma sarà anche il momento utile per portate all’attenzione degli esperti e delle istituzioni una serie di buone pratiche già attivate sul territorio piemontese.