sabato 30 maggio 2015

Memoria Futura: gli “Anni di Piombo” nelle scuole

TGRPiemonte Edizione delle 14.00 del 30 maggio 2015.
Servizio sul progetto didattico dell'Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo) nelle scuole del Piemonte. Terza edizione 2014/2015 di "Memoria futura. Leggere gli ‘Anni di Piombo’ per un domani senza violenza”. La presentazione e premiazione dei lavori degli studenti nell'Aula del Consiglio regionale del Piemonte a Torino, avvenuta il 29 maggio 2014.
Si veda http://www.cr.piemonte.it/web/comunicati-stampa/comunicati-stampa-2015/390-maggio-2015/3708-memoria-futura-studiare-il-terrorismo-a-scuola

 

domenica 17 maggio 2015

Dalla Repubblica del dolore ad una Repubblica resiliente

"No, anche il Presidente Grasso con le lacrime agli occhi nel su discorso, mi sono detto nell'aula del Senato il 9 maggio scorso, in occasione del Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi". Così mi racconta al telefono il figlio di una vittima, frustrato da questa esibizione del dolore che stenta ad evolversi in qualcosa di positivo che guardi avanti.

Un termine chiave utile a spiegare il tono commovente preminente nella maggioranza degli interventi, la fornisce uno degli stessi interventi che si sono succeduti in tale occasione: quello di Carol Beebe Tarantelli, la vedova dell'economista Ezio, ucciso dalla BR nel 1985. Carol è una psicanalista e nella prima parte del suo intervento ripete più volte il termine 'trauma'. E' il termine corretto che aiuta ad interpretare le variegate reazioni che le vittime e la società civile hanno di fronte ai fatti di terrorismo con la relativa gestione delle loro memorie e narrazioni.


Carol Beebe Tarantelli - Memoria e trauma from Luca Guglielminetti on Vimeo.

Raccontare la memoria di un trauma, per chi lo ha vissuto sulla propria pelle, è contemporaneamente traumatico e salutare. Non a caso la principale attività terapeutica è quella dell'ascolto in luogo protetto che chiede alla vittime o al sopravvissuto di raccontare o scrivere delle sua esperienza. Solo dopo questa fase catartica del racconto, quest'ultimo può diventare discorso e memoria pubblica, con il suo valore civile e pedagogico. 

La stragrande maggioranza delle vittime degli 'Anni di piombo' non ha avuto però assistenza psicologica per superare il trauma. Solo nell'ultimo decennio è stata loro offerta la possibilità di avvalersi di centri specialisti, da una parte, e di intervenire nel dibattito pubblico, dall'altra. 

Un secondo concetto che aiuta a definire il processo narrativo che dall'espressione del dolore passa a quello propositivo di memoria pubblica civile, dotata di un valore pedagogico, è quello di 'resilienza'. In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Le decine di libri, documentari, siti web, e mostre con le voci delle vittime pubblicati e prodotti nell’ultimo decennio sono segni di una resilienza sempre più diffusa da parte di un gruppo traumatizzato che è stato in silenzio e isolato, o poco ascoltato, per decenni. Quanto maggiormente questa capacità di resilienza crescerà, tanto diminuirà l'impatto del dolore, lasciando vieppiù crescere nelle vittime la capacità di costruire storia e memoria, di portare valori positivi di giustizia e verità, di presentarsi come esempi e testimoni dei danni del terrorismo e della violenza politica. 

La "Repubblica del dolore", denunciata dallo storico Giovani De Luna, di cui si lamentava la stessa vittima che ho sentito di ritorno dalla cerimonia di Roma, potrebbe essere un passaggio obbligatorio per l'incapacità trasversale della politica e delle sue culture di far fronte ai traumi della storia del nostro paese. Ma quel dolore, se è vero che non può scomparire completamente, può stemperarsi mano a mano che diventa discorso pubblico fino a farsi antidoto, portatore di storia e memoria condivisa, quando entra nelle scuole, nelle carceri, e forse anche quando prova a dialogare con gli ex terroristi per verificare le forme di mediazione e di giustizia riparativa promosse dai recenti studi di criminologia e vittimologia.

sabato 9 maggio 2015

Se il racconto dei sopravvissuti al terrorismo è scuola di civiltà



Dall'Avvenire del 9 maggio 2015. Le voci, le testimonianze, le memorie e le narrazioni delle vittime del terrorismo. Il progetto europeo Counter-nattarive for Counter-terrorism - C4C




« Voglio raccontarvi la mia storia....».

Seduti in circolo, alcuni ragazzi ascoltano un coetaneo rievocare la tragedia che lo ha ferito nel corpo e nell'anima. Mentre ascoltano, riflettono: e se quell'orrore capitasse a me o a un mio fa-miliare? «La memoria può essere usata, e in alcuni Paesi già lo è con efficacia, per prevenire fenomeni di radicalizzazione e di terrorismo...», spiega lo studioso Luca Guglielminetti, di ritorno da un convegno dell'Onu in Giordania. Torinese, responsabile di un gruppo di lavoro della rete Ue per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (Ran), collabora da anni con l'associazione Aiviter. Raccontare è una risorsa importante, argomenta, «già dopo l'attentato, perché ha un valore curativo che può aiutare a superare, attraverso la rielaborazione dei fatti, i trauma subito dai sopravvissuti e dai familiari. E lo è in una seconda fase, quando dà pubblica voce ai cittadini colpiti, trasformando una vicenda dimenticata in una storia nazionale condivisa». Nell'ultimo decennio, ragiona Guglielminetti, «c'è stata anche in Italia un'esplosione di narrazioni delle vittime: decine di libri, documentari, siti web e mostre. Una corrente di letteratura, divenuta un tema di ricerca nel mondo accademico, quasi come le vicende occorse ai sopravvissuti dei campi di concentramento nazisti. Questa nuova narrativa - osserva - può svolgere un ruolo rilevante di fronte alla propaganda insidiosa e mortifera dei vari terrorismi, compresa quella del sedicente Stato islamico».

Negli ultimi anni l'Europa ha investito nel finanziare progetti di narrativa: in Spagna, Francia, Olanda, Regno Unito, Austria ci sono iniziative che utilizzano la voce autorevole e forte delle vittime. Anche in Italia si è da poco conclusa la fase pilota del progetto CAC (Contro-narrativa per la lotta al terrorismo), che ha sviluppato una sito web multilingue intitolato The Terrorism survivors storytelling, piattaforma globale per le storie di resilienza e sensibilizzazione al problema della radicalizzazione". Contiene centinaia di testimonianze digitalizzate di vittime da tutto il mondo e una metodologia di utilizzo pratico con giovani e studenti e può essere usato on line per l'attività didattica. Il test in una scuola di Torino, spiega Guglieminetti, «ha dato ottimi risultati. La testimonianza delle vittime ha un grande valore pedagogico per il rafforzamento del pensiero critico dei giovani, della consapevolezza dei rischi insiti nel terrorismo e dei valori democratici del dialogo, della legalità e della cittadinanza attiva». (V.R.S.)