martedì 25 gennaio 2011

LUCI ED OMBRE SUI NOMI DELLE VITTIME ITALIANE DELL’11/9



"In memria delle vittime italiane e di orgine italiana
degli attentato al World Trade Centre"
 


A gennaio 2011 segnalo sulla pagina FaceBook dell’associazioenun aggiornamento del quadro delle vittime italiane del terrorismo internazionale sul sito web di Aiviter, e il giorno seguente ricevo una email: 
“Gentile Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, mi ha solo in parte stupito constatare che sul vostro sito, nell'elenco delle vittime italiane del terrorismo internazionale, non vi siano nomi in elenco per l'11 settembre 2001. Vi sono state infatti diverse dichiarazioni nel passato riguardo presunte vittime italiane dell'11 settembre, ma non del tutto precise…”

Resto perplesso. Immaginavo che ci fossero molti italoamericani tra le vittime dell’11/9, in particolare delle torri di New York, città con un alto numero di italiani emigrati, ma né a me né alla Presidenza dell’Associazione risultava nulla su cittadini italiani. Inizia così un attività di ricerca, con l’aiuto della stessa persona che mi aveva inviato la segnalazione e di altri amici incuriositi dal fatto.

I primi dati sono una celebrazione di due vittime italiane dell'undici settembre, entrambe originarie di Nissoria, Sicilia: Vincenzo Di Fazio e Salvatore Lopes. Notizia stampa pubblicata sul sito della base aereo navale americana di Sigonella. Un secondo indizio è la fotografia di una targa marmorea dedicata alle vittime italoamericane e italiane del WTO, posto al Consolato Italiano di New York. Altre ricerche evidenziano che nei siti “memorial” americani, quando compare anche la nazionalità delle 2974 vittime ufficiali, come quello della CNN, non c’è ombra di italiani.

Due documenti di pochi anni prima confermano il numero di vittime: dieci. Uno è un intervento del Presidente Napolitano al Palazzo del Quirinale, l’11 settembre 2008, in occasione della commemorazione del settimo anniversario, dove si legge: “Tra esse dieci persone con cittadinanza italiana o con doppia cittadinanza, 260 di origine italiana.” L’altro riguarda il console Console Generale americano ad interim, David Bustamante, all’inaugurazione a Padova del memoriale 11 settembre 2005 in onore delle vittime del World Trade Center. Nel suo intervento dice: “Mentre ripensiamo alle vittime di New York (fra di loro 10 Italiani), Pennsylvania, e del Pentagono, vorrei ricordare le vittime italiane della guerra al terrorismo, i vostri morti in Irak e tutte le vittime degli attacchi terroristici impressi nella nostra memoria collettiva: Madrid, Beslan, Sharm al Sheik, Bali, e, più di recente, Londra.

In entrambi i casi non ci sono nomi, ma in vero, sullo speciale su “la Repubblica” on-line, si trovano articoli dell’epoca che presentano dei nomi. Il 15 settembre scrive:
 “Il ‘balletto’ di cifre dei dispersi si movimenta con le tante indicazioni che arrivano dall'Italia o viaggiano su Internet in liste non ufficiali. Ne lamenta otto la Sicilia e alcuni di loro potrebbero essere sotto le macerie perché lavoravano nelle torri. Non si hanno più notizie dei cugini Salvatore Lopes e Vincenzo Di Fazio, trentottenni di Nissoria in provincia di Enna. Salvatore, sposato e padre di due bambine di 8 e 11 anni, lavorava in un'agenzia di viaggi al piano numerto 104; Vincenzo, anch'egli sposato e padre di tre figli, lavorava invece come agente di borsa. Dell'elenco fa parte anche Luigi Arena, 40 anni, di Capaci, vigile del fuoco, l'uomo era entrato nella prima torre durante le operazioni di salvataggio. Nessuno ha saputo più niente di lui, come nulla si sa di Angelo Sereno, 30 anni, di Torretta, installatore di condizionatori d'aria, e di Calogero Gambino, anche lui di Torretta, che lavoravano in una delle torri. Scomparsi sono anche Giuseppe Randazzo, 28 anni, di Capaci, e Gianni Spataro, 32 anni, figlio di italiani ma nato qui (il padre di Ragusa e la madre di Termini Imerese) lavorava in una banca al 98esimo piano della prima torre. Dalla Calabria invoca informazioni la signora Maria Riverso e spera ancora che suo figlio Jo sia ancora in vita. Resta tra i dispersi anche Raimondo Cima, un architetto di 63 anni originario di Civitavecchia, che lavorava al 92esimo piano del Wtc.”
Sul Corriere della Sera del 18 settembre 2001 - a pagina 12 Guerzoni Monica e Romani Riccardo, firmano un articolo intitolato: “Tra gli scomparsi dieci hanno passaporto italiano”.
“Sono dieci i nostri connazionali con passaporto italiano dispersi nel disastro del World Trade Center. La notizia è stata data a Roma dal ministro degli Esteri, Renato Ruggiero, ed è stata confermata a New York dal console generale, Giorgio Radicati. Dal suo ufficio di Park Avenue, Radicati ha spiegato che i 10 nomi di cui ha parlato Ruggiero sono iscritti all'anagrafe consolare, e quindi si tratta senza dubbio di persone con la cittadinanza italiana. Il numero totale dei dispersi con nome italiano, ma di nazionalità ancora indefinita (molti sarebbero italo-americani) è sceso intanto a 41.” (…) “Pochi dubbi, invece, sui dieci italiani di cui ha parlato il ministro Ruggiero: quasi tutti la mattina dell' 11 settembre stavano lavorando tra il 101° e il 104° piano. Per loro non ci sarebbe stato scampo, anche se due si trovavano ai piani più bassi. Sull'identità dei dieci il console mantiene il silenzio.”
Un silenzio che però ha uno squarcio su La Repubblica, quando l’inviato Leonardo Coen, il 27 ottobre 2001, descrive due vittime italiana: 
“La casa della famiglia Di Nardo è appoggiata sulla costa di una collina che annega in un bosco di aceri. E' una villetta da piccolo sogno americano, da emigranti che ce l'hanno fatta. Due teste di zucca affiancano i gradini e annunciano l'arrivo di Halloween. Le zucche pupazzo dei vicini brillano di luce, quelle dei Di Nardo sono buie, cupe, angoscianti: come fossero senza vita. Come la vita strappata della povera Marisa, morta l'11 settembre a Manhattan, mentre si trovava al 105esimo piano, e stava trattando con un cliente americano la compravendita di azioni per conto della Cantor Fitzgerald, la regina del brokeraggio di Wall Street. Anche Gerard Rauzi stava lavorando nel suo ufficio, all'86esimo piano del secondo grattacielo: alle prese con una pratica fiscale da controllare, perché lui era lo 007 delle tasse. Era un uomo meticoloso e affabile. Una persona mite di carattere ma estremamente pignolo nel suo mestiere. Per questo era stato promosso al Wtc.”

La data spartiacque è proprio il 27 settembre. Il giorno prima il Ministro degli Esteri è a New York e l’articolo del 27.09.2001, a firma dell’inviato Augusto Minzolini per La Stampa, inizia così: 
“Ci sono anche le crude cifre a dimostrare che l'attacco alle Twin Towers è stato un attentato all'umanità. Ieri nel suo viaggio a New York il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero, ha dato ai numeri sulle vittime italiane una veste ufficiale: «Ci sono stati tanti italo-americani. Poi ci sono 37 oriundi, di cui 27 con doppia nazionalità e 10 con passaporto solo italiano. I nomi debbono rimanere top secret perchè così vogliono gli americani. L'Italia è una delle 78 nazioni che è stata colpita da questa tragedia» (...)”. 
Curiosamente il Corriere della Sera, nell’articolo dello stesso giorno sulla visita del Ministro Ruggero a NY, non fornisce alcun numero e cita solo la frase finale: “colpita anche l' Italia”.

Dopo queste data del settembre/ottobre 2001 i nomi degli italiani spariscono.


Nella cashe di Google trovo ancora due nomi che un sito web non più in linea (www.september11victims.com), segnalava come italiani: Luigi Calvi, “bond trader, Cantor Fitzgerald Confirmed dead, World Trade Center, at/in building, Italian”, Lorraine Lisi, “Fiduciary Trust International Confirmed dead, World Trade Center, at/in building, Italian”.

Dai vari nomi segnalati dalla stampa prima del 27 settembre 2001: Raimondo Cima e Giuseppe Randazzo, Calogero Gambino non compaiono più in alcun elenco delle vittime dell’11/9. Gli altri: Luigi Calvi, Elvira Granito, Marisa Di Nardo, Gerard Rauzi, Lorraine Lisi, Joseph Riverso, Angelo Sereno, Luigi Arena (come Luis Arena), Salvatore Lopes e Vincenzo Di Fazio sono segnalati nel memorial della CNN come americani. Un errore?

Un ultimo fatto non scioglie il problema. Nel 2007 il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema, inaugura al Consolato italiano a New York la targa commemorativa di cui avevamo rintracciato la fotografia sul social-network Flicker. Con qualche difficoltà reperisco il video della cerimonia, girato e messo sul web dalla comunità italoamerica.

In quell’occasione si vedono dei famigliari - a turno - leggere una lista di 172 vittime, senza distinzione tra italiani ed italoamericani. 172 nomi, al termine dei quali, prima dell’intervento del ministro D’Alema, si assiste ad una drammatica scena della madre di una vittima il cui figlio, Arturo Angelo Sereno, non era stato citato in elenco. Curiosamente le reiterate scuse per l’omissione non vengono da personale del Consolato, ma dal parente di una vittima che assume su sé la responsabilità della stesura delle lista dei nomi.

Un anno dopo, come abbiamo visto, il Presidente Napolitano, parla di 10 vittime italiani e ben 270 italoamericani. Ma i nomi dei 10 non sono stati mai citati distintamente, così come quelli dei 27 cittadini con doppia nazionalità. Perché, ancora a dieci anni dai fatti?



Rosa Notaro, a sinistra, e Anna Sereno, a destra, con le foto dei loro figli,
Daniella Notaro e Arturo Angelo Sereno
morti nelle Torri gemelle l’11 settembre 2001
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 I 175 nomi sono stati poi pubblicati qui il settembre 2011, ma manca ancora l'ufficialità cui non si è riusciti a pervenire neanche a seguito della vistita al Consolato italiano di New York il 22 settembre 2011

domenica 16 gennaio 2011

Il caso Battisti tra strumentalizzazioni e storia indicibile


A leggere Barbara Spinelli su “la Repubblica” del 5 gennaio, o Antonio Tabucchi su “le Monde” del 15 gennaio, pare che il caso di Cesare Battisti sia utilizzato più per menare in testa Berlusconi che non per denunciare la politica dell’oblio di tutti i governi italiani, la poca solerzia cioè nel richiederne con convinzione e forza l’estradizioni dal Brasile all’Italia.

Mentre questa dimenticanza decennale e bipartisan si sintetizza indirettamente nelle parole del Presidente Napolitano quando, anche con senso d' autocritica, sostiene che l’Italia non sa comunicare la sua storia e il senso di se stessa. La Spinelli e Tabucchi si lagnano dei loro colleghi francesi perché, con la loro difesa di Battisti, indirettamente assecondano la critica alla magistratura italiana svolta dal premier.

Ai due nostri intellettuali preme dimostrare che la magistratura nostrana è indipendente (“la magistrature en Italie est indépendante”) e “la sua indipendenza è ben più solida che in Francia”. Loro intento, prima della giustizia verso le vittime dei PAC, è che tutta l’intellighenzia europea si schieri compatta contro Berlusconi.

Naturalmente il caso Battisti è stato cavalcato da molte parti (da D’Elia alla Santanché) per i più diversi scopi politico-pubblicitari, ma vale poco affrontarli perché il dilemma vero risiede nella problematica della condivisione della storia d’Italia: tanto sulle vicende del terrorismo, quanto su quelle della magistratura.

Due storie che meriterebbero l’intervento d’intellettuali coraggiosi ed anticonformisti, e non di chierici partigiani.

Due storie che sicuramente si toccano in più punti, come nel corso di indagini e di processi che già solo per la loro lunghezza spesso negano verità e giustizia.

Ma soprattutto due storie che comprendono fatti ancora indicibili. E questa indicibilità è il motivo profondo che spiega la difficoltà di condividere e comunicare dentro, fuori o lontano dal nostro paese una storia unitaria.


P.S. Tale cortocircuito si manifesta nel manifesto, apparso a Milano ad Aprile 2011, che ha destato furibonde, quanto, in sostanza, sterili polemiche.